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martedì 27 gennaio 2009

Strane storie




Questo disegno apparve su La Nazione del 5 Agosto 1984. Si tratterebbe dell'identikit realizzato sulla base delle indicazioni dei medium intervenuti sul caso in quello stesso anno, e testimonia il grado di suggestione e irrazionalita' che colpi' non solo la popolazione ma persino i media.


Le telefonate

23 ottobre 1981

Intorno alle 10:30 giunge una misteriosa telefonata a casa della zia di Susanna Cambi di cui nessuno poi, nonostante anche gli appelli pubblici, dichiarera' di esserne stato l'autore  La ragazza si e' trasferita li da poche settimane assieme alla sorella ed alla madre in attesa che si liberi un appartamento di loro proprieta', quindi pochissime persone sanno che i Cambi sono contattabili a quell'utenza. A rispondere e' la zia. Dall'altra parte della cornetta un uomo chiede insistentemente, ma con voce gentile  che pero' tradisce una certa inquietudine, di parlare con la mamma di Susanna:(conversazione ricostruita con virolettato non letterale)


"Parlo con la signora Cambi?"
"No, la signora al momento non puo' rispondere, ma dica pure a me, sono la sorella"
"No, voglio parlare con la signora Cambi  per avere dei chiarimenti..."
"Guardi, io sono la sorella...ma lei vuol sapere qualche cosa della ragazza?"

A questo punto la conversazione si interruppe a causa di un guasto telefonico


N.B Appena qualche mese prima la centrale SIP di piazza san jacopino, che gestiva con ogni probabilita' anche la linea telefonica dell'abitazione Cambi, venne pesantemente danneggiata da un incendio.
Sta di fatto che, secondo quanto dichiarato dalla stessa zia di Susanna, i tecnici della Sip giunsero nell'abitazione un ora dopo, sollecitati d'urgenza dall' utenza della vicina,  riferendo poi alla stessa  che si trattava solo del distacco di un filo dell'apparecchio e che durante la riparazione avrebbero verificato il tentativo di una seconda chiamata di cui non poterono ovviamente indicare l'origine  (Negli articoli de La Nazione del 27 Ottobre, e de La Citta' del 29 Ottobre, si sosteneva invece un guasto alla centralina dell'intero stabile )

22 Giugno 1982

Allegranti e' l'autista dell'ambulanza che soccorse Paolo Mainardi trasportandolo al vicino ospedale di Empoli dove poi venne preso in cura dalla dottoresa Moni. Il procuratore Della Monica aveva chiesto ai giornalisti di pubblicare all'indomani dell'omicidio articoli in cui si prospettasse la possibilita che il ragazzo avesse raccontato qualcosa prima di spirare.
Dopo un paio di giorni, l'Allegranti riferi' di aver ricevuto una telefonata da qualcuno che, inizialmente qualificatosi come magistrato, gli aveva intimato di raccontare cio' che il ragazzo avesse detto in limine vitae. Al rifiuto dell'infermiere il tizio riaggancio' per poi ritelefonare quasi subito. Questa volta pero' si qualifico' come l'assassino e comincio' a minacciare l'Allegranti affinche' comunque tenesse la bocca chiusa.

mese di Luglio 1984

Sempre Allegranti, oramai in vacanza a Rimini, riferi' di aver ricevuto presso la pensione dove era alloggiato una seconda telefonata sempre dallo stesso uomo. Questa volta costui si qualifico' subito come il Mostro e comincio' a minacciarlo pesantemente affinche' tenesse la bocca chiusa.
Allegranti raccontera' in seguito di aver ricevuto altre telefonate dalla stessa persona fino addirittura al 1985

giugno 1981

La cronaca degli anni successivi riporto' che a Dino Spalletti, fratello dell'autista di ambulanze accusato nel'81 di essere proprio lui il mostro, era pervenuta 4 giorni dopo l'arresto del fratello una strana telefonata da parte del testimone (F.F.) che aveva confermato la presenza della Taunus vicino al luogo del delitto. L'uomo gli averebbe detto:"Devi sapere che mi stanno minacciando, e che se non sto zitto mi fanno fare la fine di tuo fratello" (La Nazione 26\10\81).
Sempre F.F., il compagno di giratine di Spalletti, parlo' di uno strano episodio occorsogli poco tempo prima dell'omicidio. Egli riferi' che durante una delle sue "passeggiate" in campagna era stato fermato da un individuo in divisa, divisa che pero' il F. non seppe riconoscere, e che questo, pistola in pugno, lo aveva costretto a salire a bordo di un auto dove per circa mezz'ora era stato oggetto di una predica veemente contro il voyeourismo. Finita la predica F.F. era stato rilasciato senza alcuna conseguenza, se non quella di un brutto spavento.


estate 1984

Dopo che la polizia istitui' un numero apposito per le denunce anonime , e incito' pubblicamente la popolazione a collaborare, stranamente una segnalazione arrivo' per la prima volta al numero del servizio Bingo della Nazione. L'anonimo riferi' di aver visto una persona sospetta durante uno dei suoi infrattamenti vicino al luogo dell'omicidio, e che cio' si era verificato proprio lo stesso giorno. del fatto. Disse di voler tenere l'anonimato a causa della relazione extrconiugale, promettendo pero' che si sarebbe fatto risentire a quel numero per dare i dettagli.
Pochi giorni dopo, questa volta alla redazione del giornale, arrivo' una telefonata da una seconda persona che, denominandosi "il Pistoiese" , riferi' di aver visto un uomo somigliante all'identikit ma con i capelli piu' lunghi in quella determinata zona poco tempo prima dell'omicidio. Passarono alcuni giorni e l'aonimo del bingo ritelefono' facendo una descrizione del tutto simile a quella fatta dal Pistoiese.



I pedinamenti


1968

Giuseppe Barranca, cognato di Antonio Lo Bianco, la vittima del 1968, durante il processo a Stefano Mele riferi' di una conversazione avuta con la Locci qualche tempo prima dell'omicidio in cui la donna gli aveva confidato la sua preoccupazione per un tizio che ultimamente la seguiva con il motorino

1974

Quando gli inquirenti cominciarono a sondare la vita privata della Pettini si imbatterono nella testimonianza di un amica della giovane che il giorno prima dell'omicidio ne aveva raccolto una confidenza inquietante. Stefania le aveva raccontato, mentre stavano chiaccherando chiuse nella sua camera, di un incontro che l'aveva turbata particolarmente. Purtroppo pero' in quel momento entro' la madre e il discorso si interuppe probabilmente perche' la ragazza non voleva impensierirla o si sentiva imbarazzata nel raccontare di fronte a lei cosa fosse davvero successo (N.B. Di questo episodio citato in alcuni libri in realta' non si trova traccia nei processi, almeno non in quello del 1994. mentre in alcuni atti viene menzionata una confidenza fatta ad alcune amiche in merito a un perdinamento da parte di uno sconosciuto, avvenuto nei pressi della stazione di Firenze)


1981 ottobre

Dopo l'episodio della telefonata, la signora Cambi si ricordo' di un fatto occorsole pochi giorni prima quando, mentre era in macchina con la figlia, era stata testimone di un probabile pedinamento. La signora lo dedusse in realta' da un esclamazione di Susanna che accelerando disse: "Rieccolo quello scocciatore!"

1984

Qualche giorno prima che si verificasse il delitto, Pia Rontini, finito il turno al bar dove lavorava fino a tarda sera, era stata eccezionalmente riaccompagnata a casa da un amico . Mauro Poggiali, l'amico, riferi' negli anni 90 che durante il tragitto si era accorto di qualcuno che forse li stava seguendo. Il ragazzo, a dieci anni di distanza, davanti alla foto della macchina del Lotti, dira' che l'auto in questione aveva la coda tronca ma che a suo giudizio dovesse essere piu' corta di quella che gli veniva esibita in foto.

Nel 1996 la madre di Pia Rontini riferi' di una confidenza raccolta da un amica danese della figlia poco tempo prima dell'omicidio. Ad Ingrid, l'amica danese, Pia avrebbe raccontato che ultimamente al bar c'era qualcuno che la importunava e la seguiva. La donna aveva pensato che si trattasse di qualche ubriaco di paese, ma nel dubbio gli aveva consigliato di abbndonare il lavoro.


Eventi correlati

I quadri

La suggestione delle arti figurative comincio' a invadere la scena del mostro di Firenze probabilmente dopo l'omicidio di Pia Rontini, e questo per la presenza tra i parenti della ragazza di un noto pittore mugellano del giro di Modigliani.
Prima ancora pero', uno strano episodio che aveva a che fare con la pittura fu registrato poco tempo dopo la morte di Susanna Cambi. Alla sorella Cinzia pervenne un'indicazione in tal senso da uno degli amici che avevano deciso di impegnarsi per aiutare le indagini sul delitto. Il giovane recupero' una testimonianza in cui si affermava che tempo prima, in una galleria d'arte di Firenze, qualcuno aveva sfregiato alcuni dipinti ritraenti nudi femminili. Tre di questi sfregi riguardavano la zona pubica delle figure di nudo che risultavano essere state asportate con un intarsio triangolare (La Nazione 29 Ottobre 1981). Successivamente questo episodio verra' identificato con quello verificatosi alla galleria degli Ufizi adidrittura nel 1965, quando uno sconosciuto sfiguro' proprio in quel modo tre importanti dipinti, tra cui un Lorenzetti e un Lotto.


La cartuccia di ponte a niccheri

Verso le 7 del 10 settembre 1985, nel parcheggio per disabili dell'ospedale di Santa Maria Annunziata, un palazzone di cemento sito vicino al casello Firenze sud dell'autosole, un autista di ambulanze che aveva appena finito il turno di notte trovo' una cartuccia cal 22LR Winchester con la lettera H stampigliata sul fondello. La pallottola pero' verra' consegnata alle autorita' solo il 14 settembre poiche' in un primo momento l'autista aveva temuto di essere coinvolto nella faccenda. Dopo quasi due settimane di sorveglianza discreta, gli inquirenti, il 28 settembre, decidono una perquisizione dell'ospedale. Negli armadietti del personale, oltre ad un numero ragguardevole di riviste pornografiche, viene ritrovata una lista dei sospetti che ricalcava quella redatta dagli investigatori, e mai pubblicata prima (La Nazione 1 Ottobre 1985). Successivamente si dira' che si trattasse di un manoscritto in cui un romanziere in erba raccontava una strana storia ispirata ai delitti del Mostro, e comunque gli accertamenti successivi non portarono ad alcun legame concreto con le indagini. Cosi' anche la pista di Ponte a Niccheri ben presto si dissolse come tutte le altre.
Intervista all'autista dell'ambulanza apparsa su La Nazione del 3 Ottobre 1985 :

-Dove ha trovato il proiettile?
-Sotto le rampe davanti al garage
-Quando?
-Martedi' mattina alle 6.50, dopo il turno di notte
-dove lo ha trovato esattamente?
-sul marciapiede, ad un metro e mezzo dal muro
-All'altezza di un auto parcheggiata?
-Si, appunto
-A che ora e' entrato in servizio?
-Alle 20:00
-...e il proiettile non c'era il Lunedi'?
-No, me ne sarei accorto
-A chi ha dato il proiettile?
-Ad un carabiniere
-E' vero che il carabiniere ha aspettato 4 giorni prima di informare del ritrovamento?
-No, sono stato io a tenere il proiettile per 4 giorni nell'armadietto
-E non si e' accorto dell' H sul fondello del bossolo?
-No

Va inoltre ricordato che poco dopo, ai Carabinieri della stazione di Ognisanti, si presento' un collega dell'autista di ambulanze sostenendo che questo tenesse in tasca quella pallottola gia' tre mesi prima dell'ipotetico (a questo punto) ritrovamento del 10 Settembre. I due uomini vennero anche messi a confronto ma le reciproche posizioni non mutarono, lasciando un ulteriore dubbio sulle modalita' di rinvenimento di quel reperto.

l'identikit del 1985

Il 22 settembre 1985 il quotidiano La Nazione pubblica un inedito identikit del mostro. Gli inquirenti si affretteranno a smentirne la genuinita', ma al giornale sostengono il contrario. cit repubblica 22\9\85:

...l procuratore della Repubblica Cantagalli ha stilato un comunicato: "L' identikit pubblicato dal quotidiano "La Nazione" risulta pervenuto a quello e ad altri giornali in allegato ad una lettera anonima, ed è stato consegnato anche a questa Procura da un giornalista. quindi destituita di ogni fondamento la notizia che l' identikit medesimo sia stato elaborato nell' ambito delle indagini svolte da magistratura e polizia giudiziaria sul duplice omicidio degli Scopeti". I magistrati hanno poi aggiunto che quell' identikit "non corrisponde alle persone viste nel bosco di San Casciano nei giorni precedenti al delitto e descritte da alcuni testimoni". Non solo. venuta fuori la storia di una lettera che alla Nazione però giurano di non aver mai visto. L' 11 settembre al quotidiano "La Città" e alla redazione fiorentina di "Paese Sera" arrivò la missiva di un anonimo "pittore e disegnatore" che spiegava di essersi casualmente trovato domenica 8 settembre, poche ore prima del delitto, "sullo spiazzo dello Scopeto" e di aver visto un uomo. Forniva una accurata descrizione di questa persona, allegava uno schizzo e diceva di aver inviato il tutto anche a "La Nazione". Non fu pubblicata una riga. Per i magistrati era opera di un mitomane, di qualcuno che voleva fare uno scherzo a un amico. Ieri sul quotidiano fiorentino è apparso l' identikit, somigliantissimo a quello preparato dall' anonimo (diffuso dall' agenzia "AP" con la didascalia "Un identikit del mostro secondo alcuni testimoni") così come la descrizione non si discosta da quella della lettera (avambraccio robusti, spalle spioventi, indossava un giubbotto da cacciatore). "Non si tratta di un infortunio, io non ho ricevuto nessuna lettera anonima - assicura Umberto Cecchi, inviato della "La Nazione" e autore dell' articolo - l' identikit è autentico, girava nelle caserme dei carabinieri, era sulle loro auto. Indagano su questo tipo"...

Le buste con proiettile dell'85

Tra il 1 e il 5 Ottobre 1985, una settimana dopo che i giornali avevano reso noto l'invio del lembo di seno alla volta del Pm Della Monica, in procura giunsero tre nuove buste anonime, prive affrancatura, ma con l'indirizzo dattilografato. All'interno di ognuna di queste, che riportavano ciascuna come destinatario il nome dei Pm Vigna, Canessa e Fleury, fu rinvenuta una cartuccia calibro 22 Winchester con l'H stampata sul fondello. La cartuccia, avvolta nell'estremita' tagliata da un guanto in lattice, era spillata alla fotocopia di un articolo del 29 Settembre dove apparivano le foto dei tre magistrati, e che sul retro riportava la frase scritta a macchina "vi basta uno a testa?".

Lettera inviata al PM Canessa: timbro rettangolare della Procura in arrivo con data cancellata a mano 30 settembre 1985, secondo timbro con data 1 ottobre 1985. Nessuna affrancatura e nessun timbro postale al recto;
Lettera inviata al PM Fleury: timbro della Procura in arrivo con data 1 ottobre 1985. Nessuna affrancatura e nessun timbro postale al recto;  
Lettera inviata al PM Vigna:timbro postale circolare al recto "Firenze Ferrovia - Ordinarie" con data 5 ottobre 1985 ore 12, nessuna affrancatura, segno di tassazione postale "T" sulla sinistra. 
 



I tre reperti vennero analizzati ma non si riusci' a stabilire con assoluta certezza che quei proiettili inesplosi appartenessero davvero all'arsenale del maniaco, sebbene la stampigliatura mostrasse caratteristiche di piena compatibilita' con quella dei bossoli ritrovati sui luoghi del delitto. Dalle buste, che risulteranno di simile ma non identica origine merceologica rispetto a quella inviata alla dottoressa Della Monica, verra' rilevata saliva appartenente ad un individuo con gruppo sanguigno di tipo A, ma non sara' possibile poi estrarne il DNA quando nel 2003 il reperto sara' affidato al perito della procura di Perugia in merito alle indagini sui mandanti. Le buste verranno smarrite durante il passaggio di custodia tra la procura di Perugia e quella di Firenze ,avvenuto successivamente all'apertura del processo del cosi' detto Mostro ter. , per poi riapparire qualche tempo dopo con la giustificazione di un mero disguido organizzativo...

La foto della Mauriot

In un articolo del 26 novembre 1986, la Repubblica riporta uno strano ritrovamento di una foto del cadavere di Nadine Mauriot: -Una fotografia del cadavere è stata ritrovata vicino ad una edicola di piazza Giorgini, alla periferia del capoluogo toscano. L' ha consegnata agli inquirenti Renzo Rontini, padre di Pia, ammazzata dal maniaco il 29 luglio del 1984, al quale a sua volta l'aveva affidata un amico.-




Fatti di sangue

Dall'inizio della serie di omicidi attribuiti al cosi' detto Mostro di Firenze, ogni fatto di sangue che colpi' la toscana da quel momento non pote' non essere comparato con quelli. Alcuni effettivamente mostrarono degli elementi che in qualche modo li rendevano "correlabili" al caso del serial killer (o serial killers) delle colline fiorentine, altri invece mostravano semplicemente qualche analogia suggestiva:



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Lucca 21 Gennaio 1984

In una stradina di un quartiere periferico di Lucca, sant'Alassio, situato sulle sponde del fiume Serchio, intorno alle 23:30 due giovani ventenni si erano appartati per un incontro intimo.
Paolo Riggio e Graziella Benedetti furono colpiti da diversi colpi di pistola cal.22 nella loro fiat 131 poco prima di riuscire ad avere un rapporto. Per quel delitto non fu mai trovato il colpevole, e sebbene i riscontri balistici non diedero esito positivo, una delle ipotesi che venne fatta fu'che la mano fosse la stessa del maniaco fiorentino che aveva da poco colpito a Giogoli. L'investigatore Claudio Arpaia pero' escluse sin da subito tale possibilita' , puntando invece su un guardone lucchese di mezza eta' . A distanza di vent'anni lo stesso Arpaia, oramai dirigente della questura, confidera' quell'ipotesi ad un intervistatore del Tirreno, pur ammettendo che pero' quella pista non porto' mai a nulla di concreto.

La serie delle donne di Firenze

Tra l'82 e l'84 a Firenze vennero ritrovati i cadaveri di quattro donne solite ricevere nei loro appartamenti. Tutte in la' con gli anni, erano state o strangolate o accoltellate mentre erano in procinto di avere un rapporto intimo. In un caso, quello di Giuliana Monciatti, ad un primo sguardo le coltellate sembrarono al professor Maurri simili a quelle del Mostro di Firenze. Qualcuno ipotizzo' che durante i periodi invernali il maniaco esprimesse le sue frustrazioni a danno delle prostitute, per poi tornare d'estate ai suoi bersagli piu' ambiti. Altri supposero invece che a Firenze in quel tempo agissero due diversi maniaci.
Giuliana Monciatti fu trovata cadavere nella sua abitazione di via del Moro l'11 Febbraio 1982, nuda e attinta da numerose coltellate al seno, all'inguine ed al collo. L'assassino aveva asportato la borsa della donna, forse, ipotizzarono gli inquirenti, per simulare una rapina.
Il 13 Ottobre 1984 tocco' invece a Luisa Meoni, trovata nel suo appartamento in via della Chiesa legata con un pullover e soffocata con un batuffolo di cotone. Questa volta non risulto' che mancasse nulla dalla casa, ne che la donna fosse stata fatta oggetto di attenzioni di tipo sessuale, ma venne rinventa una fattura per una riparazione idraulica emessa dalla ditta pronto riparazioni intestata a Salvatore Vinci. Il 14 Dicembre del 1983 l'assassino se l'era presa con Clelia Cuscito, trovata cadavere nella sua casa di via degli Orsini. Questa volta pero' non si era limitato ad uccidere, ma aveva infierito sadicamente con il coltello sulla donna ancora viva. Poi aveva strappato il filo del telefono e con quello l'aveva strangolata, quindi se ne era andato senza portare via alcunche'. L'ultimo caso dell'ipotetica serie e' datato 27 Luglio 1984, appena due giorni prima dell'omicidio di Pia Rontini e Claudio Stefanacci. Sempre nella sua casa, in via di Benedetta ,fu rinvenuto il corpo senza vita di Giuseppina Bassi, 55 anni, nota da tempo ai carabinieri. L'assassino l'aveva strangolata e se n'era andato anche in questo caso senza portare via nulla.

La donna di Cornocchio

Il 23 Luglio 1984, in un prato di Cornocchio, una localita' nei pressi di Calenzano vicina alla statale per il Mugello, furono rinvenuti i resti carbonizzati di una donna probabilmente sui 40\50 anni, alta 155 cm, e che forse aveva avuto un rapporto sessuale prima di venire uccisa. Accanto ai resti, ad una ventina di metri, fu trovata una golf verde con bande laterali nere, priva di targhe, ma che si riusci' a far risalire ad un giovane fotografo Austriaco di 25 anni, il quale ne aveva denunciato il furto avvenuto il 7 Luglio in una localita' sul Garda.

Il maniaco del punteruolo



Il pellettiere strangolato

Un noto intagliatore di pelli di San Frediano fu trovato cadavere a settembre dell'81 nel suo appartamento di via Romana a Firenze. L'uomo, dopo la perizia necroscopica del professor Maurri, risulto' che fosse stato soffocato probabilmente con il cuscino. Alcuni sospettarono un collegamento con gli altri delitti del mostro visto che l'ambiente dei conciatori era gia' finito sotto i riflettori fin dall'omicidio di Carmela de Nuccio e Giovanni Foggi, ma dalle indagini , affidate al commissario Federico dal questore Grassi, non emergera' alcuna correlazione tra i vari episodi.


Cascine e Maiano

Dopo il delitto Foggi De Nuccio gli investigatori puntarono i loro riflettori sul mondo della sessualita' per cosi' dire alternativa. Quella fatta di Voyeourismo e sesso mercenario. Due luoghi dove i fautori di tali interessi si esprimevano con piu' freqenza erano sicuramente i parchi delle Cascine e i boschi delle Cave di Maiano. In questi luoghi tra l'80 e l'84 si verificarono alcuni omicidi irrisolti. Nel 1983, il 10 Ottobre, proprio in un bosco delle Cave di Maiano, noto per essere frequentato da coppiette, fu ritrovato il cadavere di B.B, un cercatore di Funghi che spesso frequentava quel luogo. Era stato colpito alla testa forse con il calcio di una pistola e poi, una volta svenuto, attinto con 16 coltellate, una furia apparentemente immotivata anche perche' risulto' che non gli fosse stato rubato nulla.
A Gennaio del 1980, questa volta alle cascine, fu ritrovato il corpo di un pensionato di 63 anni risultato poi un abitue' del posto, assassinato a colpi di oggetto contundente mentre di notte si aggirava per i parchi.
Nel 1985, pochi giorni prima dell'omicidio di scopeti, era invece toccato ad un bancario di Firenze di finere assassinato con una coltellata alla schiena mentre si trovava di notte sempre nei parchi delle Cascine, in prossimita' di via degli Olmi e poco distante dalla discoteca i Tigli.

Francesco Vinci


Nel 1960 emigra da Villacidro, luogo in cui e' nato nel 1943, insieme ai fratelli Giovanni e Salvatore, per arrivare in Toscana dove trova lavoro come operaio edile a Ginestra, in provincia di Firenze. All'eta' di 21 anni si sposa con Vitalia Melis da cui avra' tre figli.
Nel 1967 diventa l'amante di Barbara Locci e per un periodo si trasferisce a casa della donna. Con Stefano Mele, marito della Locci, ha un rapporto di prevaricazione e disprezzo, in linea con il suo carattere sanguigno.
Proprio a causa di questa convivenza la moglie lo denuncia per concubinato e Francesco finisce anche in galera per qualche tempo. Una volta uscito riprende pero' a frequentare la Locci come se niente fosse accaduto. Con lei spesso si reca al bar noto come il "bar dei sardi di Prato," gia dal 66 frequentato da personaggi del calibro di Mario Sale e Giovanni Farina. Il giovane Vinci e' attratto da quell'ambiente e nel tempo comincera' una carriera parallela fatta soprattutto di furti di bestiame Un suo coinvolgimento con l'anonima sequestri pero' non verra' mai provato.
Nel 1970, al processo Mele, ammette indirettamente di aver pedinato la Locci dopo che questa lo aveva lasciato, ma nega fermamente qualsiasi coinvolgimento nell'omicidio della donna sin dal 24 agosto del 68, quando Stefano Mele lo aveva indicato come complice e possessore della beretta cal 22 . Finito in carcere per un furto nel 1973, esce da Sollicciano appena qalche giorno prima del secondo delitto dell mostro di Firenze. Nell'estate del '82 viene denunciato nuovamente dalla moglie Vitalia per maltrattamenti familiari, ed e' proprio con questa scusa che gli inquirenti spiccano un mandato di cattura pur gia' sospettandolo di essere il serial killer delle colline fiorentine. Il 15 agosto viene arrestato da latitante nell'abitazione di Giovanni Calamosca, al quale pare avesse chiesto di procurargli un passaporto falso per fuggire all'estero. Il giudice Tricomi in breve gli contesta l'omicidio del 68, ma nella realta' quell'accusa implica conseguentemente anche la responsabilita' in tutti gli altri omicidi in quanto collegati dalla stessa pistola. Oltre alla reiterazione delle accuse fatte da Stefano Mele, oramai libero dopo aver scontato l'intera pena, a carico di Francesco Vinci ci sono anche alcuni indizi . Il ritrovamento della sua auto infrascata su una strada vicino a Grosseto alla fine di Luglio 82 e la sua presenza a Borgo san Lorenzo poco prima dell'omicidio del 14 settembre 74, presenza registrata dai Carabinieri che erano dovuti intervenire per sedare una lite tra l'uomo e i familiari di una sua ex amante.
Il 6 novembre '82 viene formalmente indagato per tutti gli omicidi e sulla stampa si comincia a prospettare la possibilita' che finalmente si sia giunti alla soluzione del caso. In carcere l'uomo mostra apprensione con i familiari e gli operatori, ma davaniti ai magistrati non perde mai la calma, arrivando talvolta alla teatralita' come quando di fronte al procuratre Vigna, che gli stava contestando alcuni fatti, improvviso' una metafora sulla consistenza degli indizi strizzando un foglio di carta e dicendo: "Vede dottore, questo era un foglio di carta, ma adesso e' un altra cosa. Cosi' sono gli indizi". Quando i suoi avvocati chiedono una perizia psichiatrica per dimostrarne l'incompatibilita' con la psicologia del mostro, il Vinci , durante una seduta con il il consulnte psichiatrico, si sarebbe lasciato andare dicendo di essere a conoscenza dell'origine dei delitti, e che presto l'avrebbe rivelata poiche' era un segreto troppo pericoloso da custodire (In realta' questo episodio dovrebbe essere riconducibile a quello delle strane risposte date dal Vinci in occasione dell'esame di Rorschach, durante il quale parlo' di incappucciati dediti a delitti.). Quel proposito pero' rimarrebbe una confidenza vincolata dal segreto professionale perche' le cose precipiteranno il 10 settembre dell'83, quando a Giogoli la beretta calibro 22 torna a sparare uccidendo due ragazzi tedeschi. I giornalisti in quell'occasione si presentano dalla signora Vitalia quando la donna ancora non sa nulla, e appresa la notizia rimane stordita e confusa
Riavutasi inizia a difendere il marito e dice che e' lui a farle forza, che non ha mai perso la speranza, e che deve andarlo a trovare il 12 settembre quando faranno 19 anni di matrimonio, la stessa eta' della figlia Vania. L'intervista continua col racconto della mattina dopo l'omicidio della Locci.
Dice Vitalia Melis
"Era giovedi', il 22 agosto del 1968. Francesco aveva lavorato tutto il giorno e era tornato a casa stanco. Il giorno dopo doveva cominciare n lavoro nella casa di una famiglia in vista e voleva presentarsi pulito. Si lavo' e per tagliarsi la barba lunga di giorni mi mando' a comprare le lemette in un negozietto vicino. Poi ceno' ed andammo a letto presto. La mattina doveva venire a prenderlo un compagno di lavoro, alle 6 suono' il campanello ma erano i carabinieri."

Il pezzo viene pubblicato prefigurando un imminente scarcerazione del Vinci che pero' non arriva. Il giudice Rotella, subentrato alcollega Tricomi, mantiene l'accusa per l'omicidio del 68, e probabilmente comincia a sospettare che quell'omicidio anomalo (furono infatti uccisi due maschi) sia stato commesso da un complice del Vinci per scagionarlo. Del resto si tratterebbe di un complice a cui sarebbe stata affidata l'arma, dunque qualcuno che sa bene chi stia aiutando, in pratica un secondo mostro.
Francesco Vinci non viene comunque scarcerato neppure qualche mese dopo, il 16 gennaio dell'84, quando finiscono indagati per i medesimi fatti Giovanni Mele e Pietro Mucciarini , (rimarra' in carcere fino alla fine di ottobre 84 sebbene per via della pena da scontare per un altro reato totalmente scollegato da questi fatti). Per la procura questa nuova ipotesi e' poco verosimile e l'ostinazione del magistrato a perorarla produce una frattura tra i due uffici , con l'effetto che da questo momento le strade investifgative si separano.

Nel 1985 Francesco vinci lascia l'Italia insieme alla famiglia per stabilirsi in Francia dove rimarra' fino al 1989 in concomitanza con la definitiva chiusura dell'inchiesta di Rotella sul troncone della cosi' detta "pista sarda". Tornato in patria verra' nuovamente arrestato per un altro reato, soggiornando nel carcere di Sollicciano fino al 1992. Il 7 agosto del 1993 il suo corpo viene ritrovato carbonizzato nel bagagliaio della sua auto data alle fiamme in localita' Chianni. Assieme a lui c'e Angelo Vargiu, entrambi incaprettati sono stati uccisi a fucilate e poi rinchiusi nel bagagliaio della Volvo. Passano appena 13 giorni che in una scarpata a Poneta di Barberino Val D'Elsa viene ritrovata la panda di Milva Malatesta. Dentro l'auto, completamente bruciata, ci sono i cadaveri carbonizzati della donna e del suo figlioletto di tre anni, entrambi uccisi prima di essere dati alle fiamme. Viene prospettato un collegamento tra i due delitti non solo a causa dell'analogia esecutiva, ma anche perche' alcune voci (in particolare il Calamosca) vorrebbero Milva Malatesta impegnata nella prima meta' degli anni 80 in una relazione proprio con Francesco Vinci. I due casi rimarranno irrisolti lasciandosi dietro numerosi interrogativi tutt'ora irrisolti.


Suggestioni e fatti postumi.


Da Firenze a Udine

il 2 gennaio del 1985 a Udine viene trovato il cadavere di una prostituta,Stojanka Joksimovic, di 42 anni. E' stata uccisa a colpi di punteruolo ed e'forse l'undicesima vittima del probabile mostro di Udine. A questo serial killer vengono attribuiti ad oggi 16 omicidi a paqrtire dal 1971. In particolare 4 omicidi fotocopia, tutti commessi durante il periodo invernale tra l'80 e l'89, mostravano perizia chirurgica visto che si erano conclusi con lo sventramento delle vittime perpetrato mediante un taglio addominale ad "S".
La stessa tecnica, anche se leggermente diversa, viene usata dai medici legali durante le autopsie. I delitti del mostro di Udine, secondo i carabinieri, sarebbero quelli in danno di Maria Carla Bellone (19/02/80), Luana Giamporcaro (24/01/83), Aurelia Januschewitz (03/03/1985) e Marina Lepre (26/02/89); la particolarità delle vittime, oltre ad essere prostitute, è quello di essere state a contatto negli ultimi tempi con l'ambiente ospedaliero, le prime due vittime erano tossicodipendenti che cercavano di smettere con la droga e le ultime due erano malate di mente.
Ma ad Udine, il 14 settembre 1981, venne anche colpita una coppia di ventenni, Mara Lupieri e Marco Marmai, mentre verso le 23:00 erano in intimita' in auto.

Il mostro di Modena 1985-1995

l “mostro di Modena” che in dieci anni, dal 1985 al 1995, ha ucciso otto giovani tossicodipendenti, alcune delle quali prostitute per procurarsi i soldi per la droga, è il terzo “serial killer” ancora latitante in Italia secondo uno studio elaborato dall’Osservatorio di psicopatologia forense dell’Università “la Sapienza” di Roma. (La Gazzetta di Modena 1998)
Tra quelli attribuiti a questo potenziale serial killer si annoverano l'omicidio di Donatella Guerra, sul cui luogo del crimine venne rilevata dalla scientifica l’impronta di un pneumatico accanto al cadavere, che riconduce ad una Fiat 131, l’unica che all’epoca montava di serie quel tipo di gomme. Vi sarebbe poi un apparente collegamento diretto con la terza ragazza uccisa,. Marina Balboni, strangolata nemmeno un mese e mezzo dopo il delitto Guerra. I due omicidi, i più ravvicinati della serie, portano ad un’ipotesi inquietante: che Marina sia stata uccisa perché vide l’uomo con cui salì in auto Donatella la sera del 12 settembre precedente, quando le due ragazze si trovavano entrambe in piazza Roma a pochi metri di distanza l’una dall’altra. Nel suo diario - mai acquisito agli atti - Marina aveva scritto che quella sera aveva un appuntamento con “una persona importante” e insistette con i genitori, che non volevano uscisse dicasa, per andare ad incontrarla.
Nel marzo del’ 90 venne trovato il corpo senza vita di Fabiana Zuccarini Accanto al cadavere era stato trovato, tra l’altro, un mozzicone di sigaretta. L’unica variante nella ripetitività dei delitti riguarda gli ultimi due omicidi. Ad Anna Maria Palermo l’assassino non ha portato via la borsetta coi documenti come era invece avvenuto negli altri delitti. Monica Abate non è stata caricata in auto sui viali e gettata morta in un fossato. (Monica Abate, trovata uccisa nel suo appartamento di Rua Freda la sera del 3 gennaio 1995. Delitto per il quale pero' nel 1997 venne richiesto il rinvio a giudizio per una donna conoscente della vittima).
La Gazzetta nel 1998 raggiunge il Professor De Fazio dopo che il giornale e' venuto a conoscenza di un rapporto redatto dal noto criminologo che aveva eseguito le autopsie su tutti gli otto cadaveri, e che, sebbene su iniziativa personale, aveva suggerito di cercare i collegamenti tra questi delitti visto che all'epoca non venivano collegati. All'intervistatore il Professore si limitera' a valutazioni molto prudenti:

"Quando si cerca un serial killer si devono trovare nei suoi delitti elementi comuni motivazionali.A
Modena le ragazze erano tutte giovani, quasi tutte erano prostitute e drogate, ma non c'e' tipologia unitaria. Questo pero' non esclude che, potendo contare non solo su elementi tratti da autospie ma anche su altri elementi che non sono in mio possesso, si possano verificare elementi unificanti per alcuni degli otto delitti." (La Gazzetta di Modena, 23 Aprile 1998)

1987

Il 20 marzo qualcuno ha telefonato a casa Rontini, i genitori di Pia, ammazzata e straziata dal maniaco il 29 luglio del 1984 nei pressi di Vicchio, per avvertire che presto, fra il 22 e il 25, succederà qualcosa di nuovo. Winnie Rontini, madre della ragazza, informò la Procura. Pochi i particolari che ricordava: una voce senza inflessioni dialettali. Pochi giorni dopo il postino ha consegnato la busta indirizzata a Silvia Della Monica. Dentro c' era la videocassetta ed una lettera scritta a macchina. In tutto una trentina di righe che restano ancora coperte dal segreto istruttorio. Il contenuto non lo posso rivelare, risponde il procuratore Cantagalli assediato dai giornalisti. Ma cosa vuole che ci sia scritto, è una cosa farneticante, è opera di uno dei soliti mitomani, taglia corto Piero Luigi Vigna. (Repubblica 14 Aprile 1987 )

1997

In un articolo del corriere datato 5 Gennaio 1997 si cita uno strano episodio risalente al 1983, che costituirebbe un altro inquietante legame tra quell'omicidio e quello successivo dei francesi nel 1985:
"Sul fronte delle indagini ieri e' stato interrogato, dal capo della Mobile Giuttari, un cacciatore di San Casciano. L'uomo, Giovanni Bonechi, 66 anni, ha riferito che due anni prima circa del delitto degli Scopeti, nella stessa piazzola dove furono uccisi i due turisti tedeschi, trovo' una tenda con fuori dei bossoli. A segnalargliela era stato un contadino che nella notte aveva udito alcuni spari. Una semplice testimonianza che avrebbe fatto pensare a un presunto mancato delitto ai danni di una coppietta: un episodio sul quale sono in corso accertamenti."

Due mostri agli scopeti

Nel 1985, ospite della comunita' Emmeus, si aggira in provincia di Firenze il mostro di Marechiaro, Andrea
Rea. L'uomo, che gia' aveva compiuto il suo primo omicidio a Posillipo nel
1983 senza che nessuno lo avesse ancora sospettato, si aggira per le campagne intorno a Firenze con un motorino, e proprio il suo motorino verra' notato l'8 settembre del 1985 nei pressi della piazzola degli scopeti dove verranno assassinati i due ragazzi francesi. Quando viene arrestato a Napoli in conseguenza di un altro omicidio, quello ai danni di una giovane prima legata e violentata, poi accoltellata a morte e infine fatta a pezzi per occultarne il cadavere, la coincidenza dell'85 viene notata e approfondita, forse piu' che per la speranza di aver trovato il mostro di Firenze per verificare che non sia lui l'assassino delle prostitute fiorentine. Le indagini pero' non portano a nulla in quanto Rea e' in grado di dimostrare piu' di un alibi sia per i delitti del mostro che per quelli delle prostitute.




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